«Si può appartenere ad uno o più luoghi. E se la residenza è il posto dove metti la testa su un cuscino e apri un conto in banca, la casa è l’archivio del tuo cuore. La mia, mi sono resa conto, l’avevo divisa a metà, lasciandone una parte ben custodita in India, l’altra nel Paese straniero che mi aveva accolta come un’anima di ritorno da diecimila giri sulle montagne russe astrali».
Il giardino dei frangipani racconta la vita di Kumari, giovane orfana indiana immigrata in Italia. In un susseguirsi di traversie, la protagonista arriverà a domandarsi, sulle orme di James Joyce: «Torneresti mai a vivere nella tua città d’origine?» La risposta è una domanda aperta al lettore: «L’ho mai veramente lasciata?» Con questo romanzo post-coloniale, l’autrice scava nella “doppia assenza” e nella “doppia appartenenza” in cui vivono tanti cittadini del mondo d’oggi, sospesi tra una madrepatria lontana, e forse neanche mai vista, e una nuova identià.
Laila Wadia si definisce una narrastorie plurilingue e brez meja. Nata a Bombay (India), vive e lavora a Trieste. Scrive, in inglese da sempre e in italiano da qualche anno, per bisogno atavico e perché crede fermamente che l’umanità sia un unico volume. Sensibile ai temi della migrazione, della lingua, della multiculturalità e della condizione femminile, ha pubblicato vari romanzi, racconti, poesie, articoli giornalistici, opere teatrali e sceneggiature per film. Tra le opere più recenti, si ricordano: Amiche per la pelle (E/O) e Se tutte le donne (Barbera editore).
Genere | Narrativa |
Genere | Narrativa italiana |
Collana | Crisos-Oro |
Pagine | 272 |
Formato | 21x14 brossura con alette |
Anno di edizione | 2020 |
ISBN | 9788885723542 |
Prezzo